«È incredibile come una società che vuole essere moderna e competitiva, cioè basata sulla conoscenza (proprio per riuscire a creare più ricchezza per i suoi cittadini), abbia in realtà una ricerca umiliata, un'educazione che nei test internazionali risulta nelle posizioni di coda, un merito negato, un'assenza disperante di cultura scientifica, dei valori calpestati, una corruzione diffusa, un'assenza di un piano energetico degno di questo nome, delle università considerate tra le ultime nelle classifiche internazionali, pochissimo sostegno all'innovazione creativa e all'eccellenza, una cultura e un'informazione che non parlano quasi mai del ruolo profondo e “filosofico” della tecnologia, ma solo delle sue meraviglie o dei suoi guasti (che sono spesso proprio il frutto di un'incapacità di capirlo e gestirlo).»
Sono le pesanti parole con cui qualche anno fa (era il 2011) un noto personaggio della scena culturale nazionale - scopriremo tra un attimo la sua identità - tratteggiava la poco edificante situazione del nostro paese. Mi colpisce molto il riferimento al ruolo della tecnologia, descritto come 'profondo' e come "filosofico". Come dire che la tecnologia rappresenta ormai (e sempre di più) un fattore determinante per gli assetti e le strutture della società; e che, nello stesso tempo, il modo in cui la società ne viene plasmata si comprende di più e meglio attraverso osservazioni e riflessioni di tipo filosofico.
Due mesi fa, scrivendo la prefazione al saggio di un collega e collaboratore, il nostro autore misterioso (ancora per poco) ritorna sullo stesso tema:
«C'è una cosa che non finisce di stupire, e cioè come nel presente dibattito politico in cui è immerso il nostro paese non affiori quasi mai un concetto fondamentale: il ruolo della tecnologia (e della scienza che ci sta dietro) nel cambiare i destini della società.»
Insomma, nei discorsi della politica - alla televisione, alla radio, sui giornali - la grande assente è proprio la tecnologia, nonostante essa giochi un ruolo decisivo nel modificare e nel plasmare l'organizzazione sociale. Chiarisce ulteriormente il nostro autore:
«Lo straordinario aumento dell'efficienza produttiva degli ultimi due secoli ha dato origine alle attuali società industriali avanzate, che però oggi in un mondo globalizzato sono obbligate a essere sempre più competitive (e quindi innovative) se vogliono mantenere le posizioni acquisite. Se si ascoltano i dibattiti politici, tutto questo sembra non esistere: è come se i posti di lavoro, il reddito, il welfare dipendessero da decisioni prese dal governo, da leggi approvate dal parlamento, dai risultati elettorali, dalla formazione di nuove maggioranze ecc»
Un mondo, quello della cultura e dell'informazione, troppo sbilanciato sul versante letterario e 'umanistico' e colpevole di trascurare - secondo il nostro - i temi e le idee della scienza e, soprattutto, della tecnologia, così importanti per orientare le scelte sociali ed economiche. In un'intervista del 1988 sulle 'due culture' di Snow dichiara:
«Tutto il progresso tecnico-scientifico (se vogliamo attribuire al termine progresso una valenza positiva, e sovente non ce l'ha) si può considerare come un amplificatore; qualcosa che permette di correre piu in fretta, attraverso i trasporti, di vedere più lontano, attraverso la radio e la televisione, di costruire di più. Ma ma anche di distruggere di più. E' come Prometeo che ci ha dato il fuoco: non si può accusare il fuoco se i fiammiferi vengono dati in mano a dei bambini che danno fuoco alla casa. Quindi c'e un problema di controllo dell'uso di queste cose. Proprio per questo occorre una cultura che sia in grado di capire il proprio tempo e di gestirlo.»
Una cultura al passo con il proprio tempo, attenta alle innovazioni della tecnologia, impegnata a farne oggetto di costante e approfondita riflessione, anche e soprattutto filosofica.
L'interesse del nostro per questo tema risale (addirittura) al 1975, anno della pubblicazione di un suo straordinario lavoro - per molti aspetti ancora attuale - presso l'editore Garzanti. Si leggeva in copertina (vedi immagine):
«le spinte provocate dall'immersione di tecnologie nella società producono profondi cambiamenti che la cultura non riesce più a capire e a orientare. Essa non li sa più "leggere" nè "scrivere"»
Altrettanto efficace è la sintesi nella quarta di copertina:
«"Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l'alto uguale al peso del fluido spostato". Il vecchio principio di Archimede non si applica soltanto ai fluidi o ai gas, ma anche alle società umane; continuamente certi "corpi" vengono immersi nella vita economica, politica, sociale, provocando automaticamente una serie di "spinte" che la nostra cultura non sembra più essere in grado di prevedere e di controbilanciare. Sempre più utilizziamo straordinari mezzi tecnologici per modificare certi equilibri e sempre meno siamo in grado di adattarci dal punto di vista educativo, politico, morale, economico, manageriale e anche tecnologico (cioè culturale in sendo lato). (..) La nostra cultura, ancora espressione di una società contadina e largamente pre-scientifica, è chiamata a compiere un grande sforzo di immaginazione se vuole ritrovare quel ruolo di leader che le compete (e che è indispensabile per grstire uno sviluppo che ha ormai superato il livello di guardia). E' necessario meritare culturalmente il mondo tecnologico in cui viviamo. Altrimenti diventeremo sempre più come scimmie nella stanza dei bottoni.»
L'immagine delle scimmie nella stanza dei bottoni è di quelle davvero efficaci, una tra le tante che Piero Angela - lo avevate già indovinato? - ha saputo regalare al suo pubblico di lettori e telespettatori. Quanto però questo suo pubblico, così numeroso e variegato, abbia fatto tesoro del suo accorato invito e abbia cercato di meritare il mondo tecnologico con il quale (e nel quale) sempre di più si trovava a vivere è difficile dirlo. La mia sensazione, e certamente anche quella di Angela a vedere quello che scrive, è che la situazione denunciata nel '75 non sia tanto migliorata:
«Nella tradizione italiana la cultura scientifica ha conosciuto alti e bassi, ma è rimasta sostanzialmente marginale. Nel senso che non si è mai tradotta in cultura diffusa, malgrado gli sforzi di tanti illustri scienziati e filosofi della scienza. Nel nostro paese è la cultura “classica” a essere rimasta il pilastro della conoscenza, il punto di riferimento intellettuale per la comprensione del mondo e dell‟uomo. (...) Ma quello che è più grave è che anche la cultura tecnologica non trova modo di esprimersi: e questo sta creando danni molto più seri. Infatti non capire il ruolo “filosofico” che svolge la tecnologia nella trasformazione della società e della condizione umana (e la profonda azione trasformatrice che ha anche nella politica e nella stessa cultura) significa non riuscire a “leggere” il proprio tempo. E se non si riesce a leggere il proprio tempo non si può neanche “scriverci” sopra: ma in queste condizioni diventa difficile per una “Cultura” svolgere quel ruolo di guida che è indispensabile per una società moderna.» (A cosa serve la politica?, Mondadori, 2011; dallo stesso volume è tratta la prima citazione riportata)
(Piero Angela)
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l'intervista citata nel testo si può vedere e ascoltare per intero al seguente indirizzo (ne vale la pena):
http://www.scuola.rai.it/articoli/charles-percy-snow-le-due-culture-letture-dautore/3240/default.aspx




























