Si tratta di sviluppare una nuova cultura che si basi non solo sull'abilità tecnica dell'uomo, ma anche sulla sua saggezza; non solo sulla sua capacità di modificare la natura, ma anche su quella di comprenderla; che veda l'uomo non solo in grado di dare nuove qualità all'artificiale, ma anche di garantire la continuità di quel fragile substrato naturale su cui si basa tutto l'esistente e anche la sua stessa speranza di vita. (E.M.)

lunedì 21 aprile 2014

struttura e sovrastruttura


'Preparare un cibo sofisticato a casa, un piatto che contenga una storia da raccontare, un sentimento e capacità tecnica. Consumarlo insieme ad altri, in un privato allargato, mettendo il cibo al centro delle buone ragioni per ritrovarsi.'

Con queste espressioni iniziava il briefing della scorsa edizione del BMW Creative Lab. L'iniziativa, nata per volontà di BMW Italia e BMW DesignworksUSA studio di Monaco, è stata ideata per "identificare giovani talenti internazionali, che studiano e operano in Italia, e aiutarli ad acquisire il know-how dell’industria, un ingrediente fondamentale oggi quando ci si affaccia sul mondo del lavoro".

Proseguiva il briefing, nato dalla collaborazione con l'azienda Guzzini:

'Trasportarlo altrove: tra la preparazione e il consumo si crea lo spazio per questo progetto, quella relazione tra cibo e mobilità di cui si parlava all’inizio. Non si tratta qui di trasporto puramente funzionale del cibo, ma piuttosto di mettere in un unico contenitore pieno di storie e significati il cibo che abbiamo preparato, il contenitore con cui lo trasportiamo, il modo con cui lo presentiamo ai nostri amici. Un contenitore che può contenere diversi cibi. Un cibo che nasce insieme al suo contenitore. Un cibo che al tempo stesso è il suo contenitore.'

Quello del design è un fenomeno complesso, interessante. Ricco di sfumature e di sfaccettature. Fenomeno fondamentale per la nostra epoca, come testimoniano tra l'altro le numerose scuole sorte negli ultimi vent'anni e in cui si formano schiere di designer, tra le più importanti proprio in Italia. All'edizione di quest'anno del BMW Creative Lab partecipano lo IED (http://www.ied.it/), la Domus Academy (http://www.domusacademy.it) e la Scuola del Design del Politecnico di Milano (http://www.design.polimi.it/).


"...in ogni società esiste un punto nevralgico, in cui ha luogo il processo di produzione e riproduzione materiale, cioè un punto in cui, secondo le esigenze dei rapporti di produzione, vengono man mano sancite le corrispondenze tra stato di bisogno e oggetto di bisogno, tra bisogno (Bedürfnis) e fabbisogno (Bedary). Il disegno industriale, in quanto fenomeno che si situa precisamente in tale punto nevralgico, emerge come un 'fenomeno sociale totale'. Vale a dire, come appartenente a quella categoria di fenomeni che non si devono esaminare isolatamente, ma sempre in relazione ad altri fenomeni con i quali costituiscono un unico tessuto connettivo. A questa stessa categoria appartiene il fenomeno della tecnica, intimamente connesso con quello del disegno industriale."

Così scriveva Tomàs Maldonado nella voce 'Disegno Industriale' dell'Enciclopedia del Novecento (che si può leggere sul sito Treccani), facendo luce sul complicato intreccio esistente tra disegno industriale, tecnica e cultura materiale o - come nel brano che prosegue quello appena citato - sul rapporto tra strutture e sovrastrutture della società (per una più completa comprensione si può anche leggere l'importante brano di Marx, riportato in fondo al post, citato da Umberto Galimberti nel suo Psiche e Techne. L'uomo nell'età della tecnica):

"L'idealismo aveva rinchiuso la tecnica nel ghetto della produzione strutturale, ne aveva fatto cioè un fenomeno estraneo, e persino avverso, all'universo della produzione sovrastrutturale. Ma la verità è molto diversa: la tecnica è presente sia nell'esecuzione dei 'prodotti strutturali' (configurazioni oggettuali di ogni tipo), sia in quella dei 'prodotti sovrastrutturali' (configurazioni simboliche di ogni tipo). Il "pregiudizio corrente", che oppone i prodotti strutturali a quelli sovrastrutturali, i prodotti della mano (e della macchina) a quelli della testa , è definitivamente superato nel momento in cui tutti i prodotti del lavoro umano sono intesi come artefatti. Questo è il presupposto che peraltro sta alla base del concetto moderno di cultura materiale, diffuso soprattutto dagli antropologi e dagli archeologi, ma anche dagli storici. In ultima analisi, si tratta della concezione, oggi generalmente accettata, secondo cui i prodotti dell'attività tecnica umana sono sempre da considerare dei fatti di 'vita materiale', o meglio di cultura (o civiltà) materiale."

Una vita dedicata al design, quella di Maldonado, intrecciata con le vicende storiche e culturali del Novecento. L'ha raccontata Laura Curino, attrice e regista teatrale, in questo video emozionante e per noi molto interessante.



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Per approfondire:

''Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze positive materiali. L'insieme di questi rapporti costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.'' (Marx, Per la critica dell'economia politica, 1859)

venerdì 18 aprile 2014

educazione tecnica, un riesame

Si torna a parlare di 'educazione tecnica'.

Si, perchè nella scuola media sono più di dieci anni, dalla riforma Moratti del 2004, che la vecchia espressione è andata in pensione e si parla più semplicemente di Tecnologia.

E se ne torna a parlare non in ambito scolastico, ma all'interno della cornice più ampia offerta dal nuovo Piano Strategico Metropolitano di Bologna (http://psm.bologna.it/), entrato in queste settimane in una fase particolarmente avanzata.

In particolare si è svolto qualche giorno fa un convegno che ha ottenuto una eco mediatica abbastanza ampia. Si legge sul blog del PSM:

Il convegno dal titolo “Dire, Fare, Cambiare”, svoltosi il 9 aprile scorso, nasce nell’ambito del Piano Strategico Metropolitano di Bologna come riflessione utile allo sviluppo di progetti e iniziative finalizzati alla promozione della cultura tecnica, che nel nostro paese non riceve l’importanza che merita, in rapporto ai nuovi trend economici, sociali ed educativi. L’appuntamento, oltre a presentare i diversi progetti sviluppatisi in seno al PSM sul tema dell’educazione tecnica, ha, più in generale, inquadrato ed approfondito i nuovi significati, i paradigmi e le prospettive dello sviluppo economico e del lavoro, e le sue connessioni con la cultura ed i contesti educativi.

Premetto che non ho potuto partecipare al convegno del 9 aprile, e me ne sto facendo un'idea da notizie e resoconti che trovo su internet, però la sensazione è che si parli di 'educazione tecnica' e di 'cultura tecnica' senza averne un'idea molto precisa e definita, o almeno senza preoccuparsi di darne una seppur semplice definizione. Nello stesso post citato poco sopra, peraltro anonimo (ma ormai l'anonimato su internet sembra diventato la norma, passiamo oltre), si apre con una citazione di Richard Sennet (“Tutti condividiamo pressappoco nella stessa misura le capacità grezze che ci consentono di diventare bravi artigiani; è nella motivazione e nell’aspirazione alla qualità che le strade degli uomini si dividono” - R. Sennet “L’uomo artigiano”, 2008) alla quale sembra si voglia di fatto delegare - forse un po' sbrigativamente, non vi pare? - il compito di suggerire che cosa si debba intendere per cultura o educazione tecnica, come se queste espressioni non fossero semanticamente ambigue e quindi vaghe.


Comunque prendiamo pure Sennet e andiamo avanti. Poco dopo si legge:

Due Sociologi, il Prof. Daniele Marini (dell’Università di Padova) ed il Prof. Roberto Rizza (dell’Università Bologna), hanno fornito un interessante quadro di riflessione, offrendo uno sguardo lucido ed attuale sui continui cambiamenti del lavoro e della società e sulle nuove categorie interpretative per leggere lo sviluppo futuro.

Viene da chiedersi: ma in questo 'sguardo lucido' che fine hanno fatto il 'bravo artigiano', l'aspirazione innata alla qualità, la motivazione intrinseca al ben-fare di cui parla Sennet? Ne avranno parlato i due studiosi? Andiamo a vedere le loro slides:

Slide intervento prof. Daniele Marini
Slide intervento prof. Roberto Rizza 

Che ne dite? Interessante la frase di Marini "La formazione assume una valenza etica: è l’unico appiglio cui agganciarsi per affrontare un simile contesto." (vi siete mai agganciati ad un appiglio? Io non ne sono sicuro)

Nelle slides di Rizza sembra emergere un tentativo di definizione di questa misteriosa 'cultura tecnica'; nella quarta slide si legge: "Economie esterne di tipo tangibile e intangibile fra cui spiccano le conoscenze contestuali, tacite e codificate, che rappresentano quella che potremmo definire “cultura tecnica” di un territorio, alimentata dai rapporti che si creano tra contesto produttivo locale, sistema educativo e formativo".

A voi è chiaro? A me non tanto, ma pazienza. Mi sembra invece molto chiaro, più o meno condivisibile certamente ma molto chiaro, quello che scriveva qualche mese fa Gian Carlo Vaccari a proposito della cultura tecnica:

Noi pensiamo  che la cultura tecnica comporti normalmente (anche se ci sono grandissime eccezioni!) lo studio della matematica e della fisica, o della scienza delle costruzioni o della statistica, ecc., ma queste, dal punto di vista culturale, sono dei mezzi più che dei fini. Le loro formule si possono anche dimenticare, perché ciò che conta non sono le formule, ma la struttura di pensiero che si acquisisce e il metodo che insegnano e che possono essere applicati a tanti altri ambiti: Analisi oggettiva dei problemi e delle situazioni; Mancanza di pregiudizi e di soluzioni prefabbricate; Decisioni  basate sui dati di fatto, con il massimo di documentazione possibile e guidate dalla logica; Amore per il lavoro ben fatto e ricerca continua della massima qualità; Curiosità, voglia di capire, di andare a fondo nelle cose, negli  eventi; Interesse per il nuovo, lo sconosciuto, il piacere della scoperta; Capacità di confrontarsi e disponibilità ad accettare pareri diversi dai propri; Capacità di autocritica e onestà  intellettuale.
In sostanza razionalità, pragmatismo, etica.

Insomma si ritorna fortunatamente a parlare di cultura tecnica e di educazione tecnica, anche grazie al PSM di Bologna. Ma l'impressione è che il livello del confronto possa ancora crescere, e non di poco. Che ne dite?

lunedì 14 aprile 2014

commentare (liberi di)


Da un punto di vista tecnico lasciare un commento in calce ad un articolo o ad un ‘post’ disponibile su un qualche sito internet consiste nello scrivere un testo all'interno di uno spazio a ciò destinato e successivamente premere un pulsante di conferma (“ok” oppure “pubblica” o diciture simili) che ha l'effetto di rendere il testo stabile è visibile anche da altri frequentatori del blog. 

L’azione attraverso la quale il testo del commento passa dalla fase di composizione o redazione a quella di visibilità e stabilità viene detta pubblicazione.

Di norma il commento diventa - insieme agli altri commenti relativi allo stesso articolo - parte integrante della grafica della pagina e viene presentato visivamente in modo che ne risulti immediatamente riconoscibile sia l'autore - attraverso una delle tante modalità di attribuzione dell’identità disponibili su internet - sia l'orario e la data della pubblicazione.


È importante ricordare che:

1) il testo del commento può essere redatto con un normale editor di testi e successivamente copiato/incollato all’interno dello spazio apposito per l’inserimento dei commenti, tenendo conto che solitamente le eventuali formattazioni (grassetto, sottolineato, ecc) si perdono durante la pubblicazione del commento;

2) di norma l'autore del commento può apportare integrazioni o correzioni al proprio testo anche successivamente alla sua pubblicazione pur con qualche limitazione temporale;

3) in alcuni casi l'intenzione della pubblicazione manifestata dall'autore del commento attraverso la pressione del relativo pulsante potrebbe dare inizio ad una fase intermedia detta fase di ‘moderazione’ durante la quale il commento rimane in attesa di una verifica di adeguatezza e conformità da parte di un incaricato (di solito lo stesso curatore del blog) il quale, in un tempo ragionevole, dovrà stabilire se dare effettivamente corso alla pubblicazione del commento come richiesto dal suo autore oppure intraprendere delle azioni tese a modificare almeno in parte il contenuto del commento;

Ad un livello più generale va detto che la redazione e la pubblicazione di un commento costituisce - per molte ragioni - un evento desiderabile da parte del curatore del blog. Il commento, soprattutto se frutto di una seppur breve riflessione e se coerente con lo stile comunicativo del blog, arricchisce l’articolo - in gergo: il ‘post’ - con informazioni e osservazioni utili e interessanti e consente all’autore dell’articolo, eventualmente, di ritornare sull’argomento offrendo ulteriori spunti di riflessione, che possono dare origine a nuovi commenti rendendo sempre più stimolante l'interazione e il dialogo. Senza contare che attraverso i commenti il curatore del blog è in grado di conoscere meglio i suoi lettori, condizione importante per meglio finalizzare e orientare il suo lavoro.


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dal vocabolario onlice Treccani



commentare (ant. comentare) v. tr. [dal lat. commentari «avere nello spirito, riflettere», poi «commentare», der. di mens mentis «mente, memoria», col pref.con-] (io comménto, ecc.). –

comménto (ant. coménto) s. m. [dal lat. commentum, che ebbe in periodo class. il sign. di «invenzione, finzione» (dal part. pass. commentus di comminisci«immaginare»); lo sviluppo semantico è dovuto all’influenza di commentari«commentare»]. – 



giovedì 10 aprile 2014

pentitismo e liceizzazione

Come ogni anno, in questo periodo si contano le iscrizioni dei ragazzi alla scuola superiore. E si ripropone il tema della cosidetta liceizzazione del popolo dei giovani studenti, che - consigliati forse non tanto bene se si considera che, una volta diplomati, quasi la metà si dichiarerà pentita delle scelta fatta - continuano a optare in maggioranza per un percorso liceale di tipo 'scientifico'. Interessante notare che il fenomeno del pentitismo scolastico si presenta soprattutto proprio tra i diplomati liceali e degli istituti professionali, mentre è meno significativo negli istituti tecnici.

Se ricordate qualche anno fa, era il febbraio 2011, uscì quel bel libro della Paola Mastrocola / Togliamo il disturbo, editore Guanda / che affrontava molti temi legati al mondo dell'insegnamento e della scuola, tra cui quello della liceizzazione, appunto. Scriveva con tono enfatico e una vena di ironica degnazione la Mastrocola: "Guardiamo in faccia i nostri ragazzi, e chiediamoci se sono dei condannati ai lavori (scolastici) forzati. E se per caso uno di loro volesse far altro? Non studiare, non stare a sentire me che gli parlo di Petrarca, ma andare a bottega da un fabbro, e imparare l'arte di forgiare candelabri, lampadari, cancelli, o monili come il dio Efesto?" / p. 216

Nella visione vagamente allucinata di Mastrocola (ripresa in un articolo sull'Unità) emergono due idee di scuola che affiancano la scuola della Conoscenza (cioè quella dei saperi tradizionali e dello studio): sono la scuola del lavoro (W) e la scuola della comunicazione (C). La scuola del lavoro che sogna la Mastrocola, la W-SCUOLA, è una scuola permeata da quell'umanesimo scientifico e tecnologico che con tanta fatica sta mettendo /o dovremmo dire rimettendo/ a poco a poco le radici nella cultura del nostro paese.

"È la scuola per chi vuole fare, nella vita, un lavoro manuale, pratico, tecnico. Diventare artigiano, per esempio, o tecnico: geometra, informatico, meccanico. Fare, costruire, riparare. Fare con i materiali concreti: il ferro, il legno, il vetro, le vernici, la calce; oppure fare in senso più teorico: progettare, programmare, revisionare. In queste Nuove scuole tecnico-professionali, ovvero delle arti e dei mestieri, mi piacerebbe - continua Mastrocola - che non si insegnassero però solo le materie tecniche, quelle strettamente utili a creare le future «competenze» professionali. Mi piacerebbe s’insegnassero anche le materie inutili, quelle non misurabili e non certificabili."


A proposito di lavoro pratico e manuale mi è tornata in mente la scena iniziale di 'Mangiare bere uomo donna', film taiwanese del 1994, che ci mostra un vero maestro, un cuoco esperto, intento a preparare il pasto domenicale per la sua famiglia. La scena comunica un senso di pace e di pienezza. Il protagonista ci appare impegnato, anima e corpo, nella sua attività di preparazione. La padronanza e la maestria che dimostra nello svolgere il suo lavoro è tutt'uno con il senso di adeguatezza e di gratificazione che ne ricava.

E' così denso e pregnante il nostro lavoro? E il lavoro di cui parliamo con i più giovani? E' possibile pensare che la scuola, magari la W-scuola della Mastrocola, possa / o potrà in futuro/ contribuire a formare uomini / e lavoratori / altrettanto appassionati e 'rapiti' dal proprio lavoro?





martedì 1 aprile 2014

innovazione nelle mani

Chi è l'artigiano?

L'idea comune che abbiamo dell'artigiano è forse un po' stereotipata e si limita di solito alla piccola ditta di installazione di impianti, all'officina meccanica, al tappezziere sotto casa. In certi casi - penso alla bottega del rilegatore, del corniciaio, del restauratore di mobili - siamo disposti a vedere nell'artigiano l'erede di un sapere tramandato da generazioni, il custode di una tradizione, anche se a volte stentiamo un po' a riconoscere il valore culturale oppure economico di questa tradizione. Quasi mai ci immaginiamo l'artigiano come un uomo proiettato nel futuro, protagonista dell'innovazione, radicato nel territorio in cui opera ma proteso verso scenari globali...

Poi ho letto Futuro artigiano - L'innovazione nelle mani degli italiani. E l'orizzonte si è di molto allargato.


Uno dei tanti motivi di interesse del libro di Stefano Micelli sta proprio nell'aver fornito dell'artigiano - italiano ma non solo - un ritratto ricco e variegato, che ne rende l'immagine assai più chiara, anche se certamente molto complessa. Micelli ha viaggiato in lungo e in largo lo stivale e ha incontrato testimoni e protagonisti - noti e meno noti - di questo vasto e interessantissimo mondo. Gli artigiani raccontati da Micelli non sono creature in estinzione di cui invocare la salvaguardia e la protezione; al contrario sono lavoratori pienamente inseriti nel proprio tempo, sempre più consapevoli del valore del proprio sapere, pronti a  collocarsi in modo intelligente all'interno di filiere produttive nuove e a cogliere opportunità lavorative anche in aree geografiche lontane dall'Italia. E' un libro di cui consiglio vivamente la lettura: su internet si può leggere liberamente il primo capitolo.

L'esigenza di raccontare il mondo dell'artigianato e la sua crescente complessità è stata avvertira recentemente dalla Confartigianato Imprese Puglia che ha realizzato Artigiano per un giorno, un docufilm che si propone di "divulgare e diffondere la cultura del lavoro artigiano" attraverso il viaggio di un reporter-attore in giro per la regione. Del video, che è già stato presentato in Puglia qualche giorno fa e che sarei proprio curioso di vedere, è attualmente accessibile su internet solamente il trailer: per ora gustiamoci queste poche immagini, appena avrò altre notizie lo scriverò sul blog.