Il ritratto del modellatore (o modellista) che la casa editrice Loescher ha confezionato per il suo testo "Italia dal vivo" è un ottimo punto di partenza per farsi un'idea sulle recenti tecniche di prototipazione rapida. Il modellista, come spiega lo stesso artigiano intervistato, è "quella persona che trasforma un disegno, un'idea, un concetto, in un oggetto tridimensionale". E' un'attività resa possibile da strumenti informatici potenti e da attrezzature sofisticate, ma in cui rimane fondamentale la capacità di intervenire direttamente, cioè con le mani, sugli oggetti e sui modelli che vengono realizzati. In altre parole il processo produttivo combina e coniuga - in modo da renderli difficilmente separabili - aspetti automatizzati e computerizzati con aspetti di carattere prettamente manuale, approcci artistici con approcci di tipo industriale. Il modellista - che fa espressamente riferimento alla propria "vocazione di tipo artistico" - ben rappresenta quindi il modo in cui il sapere artigianale si evolve integrando nuove conoscenze e nuove tecniche rese disponibili dai progressi delle tecnologie digitali, conservando una fondamentale presenza dell'apporto creativo e interpretativo del particolare artigiano.
La diffusa tendenza ad una eccessiva delega alle apparecchiature informatiche delle principali facoltà umane - quelle ideative, immaginative, creative - viene denunciata anche dal sociologo Richard Sennet nei suoi lavori recenti. "Il computer, in pratica, non è più una risorsa ma un sostituto", afferma nella Lezione Magistrale dal titolo "Le mani per pensare" che ha tenuto a Bologna nel settembre del 2009. Prosegue Sennet con riferimento alla professione dell'architetto: "Esiste un programma magnifico, il CAD: si immettono delle coordinate ed esso esegue il disegno. Se utilizzato male, però, impedisce di imparare a conoscere un oggetto. È stato Renzo Piano a farmelo notare, quando mi ha detto: “Faccio edifici molto complessi, ma io disegno sempre a mano; è in questo modo che imparo a conoscere l’oggetto a cui lavoro”. Ecco, io temo che molto spesso la tecnologia di cui disponiamo ci porti a delegare al computer il rapporto con l’oggetto del nostro lavoro, oltre a privarci del confronto con le altre persone. Non parlo da artista romantico, ma da tecnico. Se hai a che fare con un algoritmo puoi utilizzare un calcolatore: è sufficiente dare un determinato comando e lo risolverà, ma non ne capirai davvero il funzionamento. Si cade troppo facilmente nell’abuso della tecnologia e questo, di nuovo, rende i nostri studenti meno abili."