"Connessi - beati quelli che sapranno pensare con le macchine", appena uscito in edicola, è un libretto sulla tecnologia, intelligente, divertente e scritto con un linguaggio accessibile (vedi citazione al termine del post).
È sufficiente vedere quello che finisce dentro le rubriche di tecnologia su magazine e settimanali vari per riconoscere come la prospettiva più diffusa da cui si guarda al mondo dell'artificiale, almeno sui grandi mezzi di comunicazione, è riduttiva e in molti casi fuorviante. Non so come la pensiate voi...
Smartphone, tablet, fotocamere digitali, personal computer. L'idea di tecnologia che si incontra in circolazione sembra esaurirsi in quei pochi gadget che possono trovare spazio nelle pagine di un depliant pubblicitario o sullo scaffale di un ipermercato. Il grande pubblico, noi cittadini genitori educatori, rischia di restare estraneo rispetto ai temi, alle domande e alle sfide che, ben oltre la ristretta visuale commerciale e consumistica, danno corpo al sapere tecnologico.
In questo desolante panorama spicca, piacevole e promettente nota stonata, questo bel libretto del professor Stefano Moriggi, uscito ieri mattina in edicola insieme al settimanale Famiglia Cristiana, nella bella collana "nuove beatitudini". Il breve saggio, quasi un pamphlet, accompagna il lettore attraverso un rapido ma mai superficiale tragitto attraverso alcune delle idee fondamentali e delle voci più significative che hanno caratterizzato l'ormai millenaria impresa tecnologica. Il racconto di Moriggi, sempre godibile, restituisce la tecnologia al più vasto discorso culturale, miscelando con sapienza il riferimento alle idee e ai concetti e quello alle realizzazioni pratiche, sempre considerata nel loro contesto culturale e sociale. Gli spunti sono numerosi e originali: si passa dalle luminose intuizioni di Platone alle provocatorie considerazioni di Albert Einstein o di Richard Feynman, dal Panopticon di Jeremy Bentham al confessionale (si, avete letto bene!) di Carlo Borromeo. È la diffusione di opere come questa che può aiutare la tecnologia a consolidare il proprio repertorio tematico e problematico, a definire il proprio codice linguistico, a selezionare e valorizzare quelle voci capaci di raccontare e di interpretare il lungo e complicato cammino dell'impresa tecnologica.
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Riporto un piccolo brano che può dare un'idea dell'opera:
"Pensare con le macchine è anzitutto una strategia di conoscenza: riprodurre artificialmente (e sperimentalmente) un fenomeno naturale significa anzitutto comprenderlo. Le macchine non sono solo strumenti per fare, ma anche per indagare. Sognare di costruire un cervello, ovvero una macchina in grado di simulare alcune delle funzioni cognitive proprie dell'essere umano, non è un atto che trasuda tracotanza. Al contrario, incarna l'umile sforzo di chi, per tentativi ed errori, cerca di sviluppare e perfezionare concreti modelli di comprensione di una porzione del mondo. Riprodurre artificialmente il corpo, da un'articolazione bionica ai modelli di reti neurali, al di là delle effettive o potenziali ricadute biomediche o informatiche, rappresenta da questo punto di vista uno dei modi con cui la scienza moderna interroga la natura per intuirne le leggi." (pp.15-16)
Si tratta di sviluppare una nuova cultura che si basi non solo sull'abilità tecnica dell'uomo, ma anche sulla sua saggezza; non solo sulla sua capacità di modificare la natura, ma anche su quella di comprenderla; che veda l'uomo non solo in grado di dare nuove qualità all'artificiale, ma anche di garantire la continuità di quel fragile substrato naturale su cui si basa tutto l'esistente e anche la sua stessa speranza di vita. (E.M.)
