Si tratta di sviluppare una nuova cultura che si basi non solo sull'abilità tecnica dell'uomo, ma anche sulla sua saggezza; non solo sulla sua capacità di modificare la natura, ma anche su quella di comprenderla; che veda l'uomo non solo in grado di dare nuove qualità all'artificiale, ma anche di garantire la continuità di quel fragile substrato naturale su cui si basa tutto l'esistente e anche la sua stessa speranza di vita. (E.M.)

lunedì 15 giugno 2015

Interesse individuale, interesse sociale

Giugno, tempo di scrutini e tempo di esami. Per qualcuno, con la pagella crivellata di insufficienze, se ne riparlerà l'anno prossimo. Per qualcun altro, all'opposto, la commissione d'esame stabilisce i criteri con cui assegnare la lode (parliamo del "dieci e lode" dell'esame di stato di licenza media). E la lode, si decide, discende in modo automatico o quasi automatico dalle valutazioni numeriche delle varie prove: tutti dieci, o al più un nove? ecco che scatta il "dieci e lode" senza discussioni.

Da un lato quindi i meritevoli, dall'altro lato chi non ha voluto, chi non ha creduto, chi non ha potuto, insomma chi per qualsiasi ragione ha de-meritato. Però qualche riflessione questo sistema in me la suscita.


La questione riguarda il riconoscimento di un merito scolastico attraverso l'attribuzione di una menzione speciale, la lode appunto. La cosa in sè è certamente positiva: il fatto che la comunità scolastica si ponga l'obiettivo di attribuire ai più meritevoli una particolare sottolineatura e di additarli metaforicamente come esempio per i compagni mi sembra giusto. Il problema tuttavia emerge nel momento in cui si guardi più da vicino quelli che sono i criteri attraverso i quali il (presunto) 'merito' viene concretamente misurato o riconosciuto.

La scelta di utilizzare (soprattutto) le valutazioni disciplinari come indicatori del merito solleva di fatto da una più impegnativa e approfondita analisi: si assume implicitamente che la valutazione costituisca un efficace indicatore dell'effettivo 'valore' del ragazzo o della ragazza. Questo però potrebbe non essere del tutto vero. Infatti non sempre le valutazioni disciplinari tengono nel dovuto conto il possesso di quelle competenze trasversali 'immateriali' che riguardano l'atteggiamento dei ragazzi nei confronti del lavoro scolastico, la motivazione intrinseca allo studio (oltre a quella estrinseca, cioè legata a spinte o premialità di tipo esterno), le capacità di comunicare e di coinvolgere i compagni come anche di lavorare in gruppo, la capacità di risolvere problemi concreti.

A questa difficoltà se ne aggiunge poi una seconda, meno evidente. Essa riguarda la difficile e non scontata conciliazione tra interessi privati e interessi sociali; infatti è importante distinguere quegli atteggiamenti o quelle prestazioni che si orientano di fatto nella direzione di un interesse della comunità (ad esempio scolastica) o più in generale della società - l'interesse sociale, appunto - e quelle prestazioni o quegli atteggiamenti che hanno si una ricaduta positiva, ma prevalentemente nella sfera individuale, cioè del soggetto (il ragazzo o la ragazza) che li mette in atto - l'interesse privato o individuale, appunto. In altre parole io penso che l'istituzione scolastica si dovrebbe porre l'obiettivo di riconoscere e valorizzare non tanto le prestazioni scolastiche eccellenti in senso generico quanto piuttosto quelle caratterizzate da un elevato interesse sociale, cioè da una forte ricaduta sul piano - ad esempio - della capacità di cooperazione o di collaborazione e della attribuzione reciproca di rispetto e fiducia. Prestazioni, queste ultime, difficilmente verificate e riconosciute quanto meriterebbero con le usuali pratiche valutative.